Tanti segreti per mettersi in viaggio nella comunicazione felice

IangelaFoirene Grandi canta: “Prima di partire per un lungo viaggio…prova a capire se stai bene tu, prova ad ascoltare un po’ di più, prova a capire quello che dai tu. Porta con te la voglia di adattarti. Porta con te la voglia di non tornare più.” Provate ad interpretare queste parole pensando al tema della comunicazione: il viaggio è quello necessario per arrivare alla meta, una comunicazione libera e positiva che ci darà grandi ritorni in benessere. La voglia di adattarsi è sostanzialmente la capacità di cambiare in nome di un miglioramento che deriverà a tutta la nostra persona. E la voglia di non tornare più indietro sarà il risultato inevitabile dei nostri sforzi, poiché avremo provato come si sta meglio quando si comunica meglio!

 

Quanto è lungo il viaggio? Mi verrebbe da dire che è lungo quanto la vita, poiché siamo sempre migliorabili e, soprattutto, è un viaggio che non finisce mai perché, quando vediamo i miglioramenti ottenuti, desideriamo di essere sempre più bravi, proprio per i chiari vantaggi che ce ne derivano! Quando un apprendimento è lungo non piace a nessuno, ma il nostro viaggio è a tappe e, dopo ogni tappa, ci sentiamo così bene che ci viene automaticamente voglia di continuare. Per partire prima ci vogliono le consapevolezze e poi l’esercizio. E’ questa la struttura del mio ebookGiochi Conversazionali”: nella prima parte vengono illustrati i principi che creano consapevolezza e poi si viene guidati a metterli in pratica con una serie di esercizi volti a rafforzarli. e a ribadire le consapevolezze.

 

Il trucco decisamente fondamentale è quello di capire cosa deve fare chi parla e cosa chi ascolta. Quando siamo noi a parlare, non possiamo dimenticarci che dobbiamo essere congruenti nei tre canali: verbale, paraverbale (voce), non verbale (linguaggio del corpo), perché se un canale contraddice l’altro, il messaggio arriva distorto e facilmente fraintendibile. Inoltre, quando parliamo, non possiamo prescindere da quello che è lo scopo principale della nostra comunicazione, che può essere quello di informare, convincere, dare direttive… Non possiamo neppure prescindere dalla tipologia del nostro interlocutore e dalle sue reazioni, alle quali dobbiamo sempre prestare grande attenzione. E, infine, dobbiamo sapere che il processo comunicativo avviene seguendo una dinamica fissa, per cui, se noi abbiamo in testa di dire 100, quello che arriva al destinatario normalmente è 20!

 

Sembra incredibile, ma è proprio così e questo avviene per i seguenti motivi:

  • Per i disturbi INTERNI DELL’EMITTENTE (stato emotivo, stato fisico, poca chiarezza espressiva, modalità sbagliata, saltare dei passaggi, essere prolissi, poca chiarezza sull’obiettivo, poca conoscenza dell’interlocutore…)
  • Per i DISTURBI INTERNI DEL RICEVENTE (stato emotivo, stato fisico, aspettative, relazione, attenzione, capacità di comprensione, capacità di ascolto, time lag)
  • Per i DISTURBI ESTERNI (momento sbagliato, rumori, persone che parlano tra di loro, persone che interrompono, freddo, caldo, sedie scomode, luce…)

Quanto all’ascolto, non va mai dimenticato che esso è il miglior segnale di rispetto che possiamo dare al nostro interlocutore. Ma, attenzione!… ascoltare non vuol dire stare muti e basta. L’attenzione si dimostra con sguardi congruenti, cenni di assenso o dissenso, con la nostra postura volta verso l’interlocutore e con domande pertinenti al momento giusto. Questo è quello che si chiama “ascolto attivo” ed è l’unico ascolto di valore.

A cura di Angela Foi

Pubblicato il: 14 Dicembre 2013