«Treno proveniente da Milano, in arrivo sul binario sei, viaggia con circa dieci minuti di ritardo». Una frase che per tutti coloro che si accingono a scendere rappresenta il momento del check-out per evitare dimenticanze. Valigia, ombrello, soprabito; e poi, dopo aver indossato gli abiti, verifica della presenza del portafogli e del biglietto ferroviario. Un ultimo sguardo perimetrale allo scompartimento e poi via, verso il predellino.
La facile difficoltà
di Giacomo BrunoQuando mi accingo a realizzare una presentazione affronto da subito il problema più grande: iniziare dalla fine, partire dall’arrivo. Ma senza usare il rewind. Un po’ come un romanziere impossibilitato a dare un titolo alla sua opera, prima ancora di averla scritta. Il titolo precede, ma viene scelto alla fine. Immagino una presentazione come un titolo capace in un istante di affascinare, catturare e interessare. Come un ossimoro, la figura retorica che consiste nell’unione di due termini contraddittori riferiti alla medesima entità per ottenere l’effetto di un paradosso apparente, la mia presentazione deve essere comoda fatica, paura tranquilla, eccitante mansuetudine. Mai noia mortale: non è un ossimoro. A chi ascolta, interessa ben poco il percorso logico che ha condotto alla scoperta delle idee. Interessa, piuttosto, capire come quelle idee possono cambiare la sua vita da quel momento in poi.