Come sviluppare la propria carriera di coach 2.0

Coach 2.0 - https://www.autostima.net/media/authors/214_1.jpgNel  corso degli ultimi anni uno sconfinato pubblico di persone ha affrontato con sacrifici economici e familiari il percorso formativo necessario per diventare coach e per operare come consulente professionale. Purtroppo quella che risultava una scelta di vita spinta dalla propria passione personale, prima che una predilezione lavorativa, si deve oggi confrontare con un mercato del lavoro quanto mai complesso e difficile. 

Jeremy Rifkin, nel suo libro “la fine del lavoro” postula che entro il 2020 negli Stati Uniti solo il 20% della popolazione lavorerà in maniera stabile; si tratterà di lavoratori, consulenti e imprenditori appartenenti ad una élite iperspecializzata e altamente preparata verso le reali richieste del mercato. Questo processo ha preso forma in modo significativo anche in Italia, risultando (secondo le mie ricerche) in stato particolarmente avanzato nelle professioni legate all’attività di consulenza.

Spiegarne le cause è semplice. Il peculiare momento storico ed economico che stiamo vivendo, unito alle spinte entropiche delle nuove tecnologie, ha creato un contesto inflazionato dal punto di vista dell’offerta, mentre chi dovrebbe esprimere la propria domanda di consulenza ha un ridotto budget di spesa e risulta spesso intimidito dalle numerose proposte che riceve, nonché disorientato dalle difficoltà nel comprendere le potenzialità del prodotto offerto.

Ne consegue che anche quando il percorso formativo del coach è stato superato con successo e si è maturata la necessaria esperienza per praticare la propria attività di consulenza, ci si trova ad affrontare un contesto caratterizzato da molteplici sfide:

  • le difficoltà di incontrare i potenziali clienti (lead generation) e di trasformarli in fruitori stabili nel medio e lungo periodo;
  • la naturale concorrenza da parte di operatori già ben radicati nel mercato; il disimpegno del cliente dalla consulenza di stampo tradizionale, per prediligere le nuove forme di fruizione;
  • le problematiche di stampo organizzativo e di gestione della propria agenda, sia dal punto di vista spaziale che temporale;
  • ultimo ma per questo non meno importante, la presenza di consulenti che operano in maniera non professionale, danneggiando il mercato della formazione e della consulenza formativa in via generale.

Diviene quindi più che lecito domandarsi come trovare il bandolo della matassa e rimettere ordine all’interno di una simile situazione. Nella mia personale visione, la soluzione del problema non può che essere trovata a un livello superiore. Come descrivo all’interno del manuale sul coach 2.0,  quanto si sta verificando è la naturale conseguenza di un importante turning point del mercato: il coaching come attività di consulenza professionale sta uscendo dalla propria fase pioneristica per evolversi in un contesto di duratura maturità.

È oggi universalmente accettato che la precedente fase entusiastica d’intraprendenza disorganizzata quanto creativa, difficilmente verrà ripristinata. L’attuale situazione di cambiamento non può che portare a un’evoluzione, che non riguarderà semplicemente le ben sviluppate competenze tecniche del mestiere (ovvero le capacità di specializzarsi in nicchie di mercato nelle quali vi è un grande ritorno d’utilità per il cliente), ma prima di tutto le competenze di organizzazione del lavoro e di marketing / comunicazione.

Per quanto possa sembrare complicata la situazione appena descritta, vi è da rilevare una buona notizia: in un mercato che diviene sempre più maturo e selettivo, vi sono grandi aree di miglioramento e grosse opportunità da sviluppare. Certamente un simile presupposto può significare continuare a studiare e a migliorarsi, anche se in delle aree diverse: ad esempio, la pianificazione delle iniziative promozionali online, l’ascolto proattivo dei potenziali clienti digitali, la creazione di servizi di coaching innovativi sia sincronici che asincronici (si pensi alle potenzialità degli ebook e dei videocorsi).

In sintesi, è necessario lavorare per esplorare in profondità le opportunità di realizzare nuove forme di consulenza, che sappiano da un lato offrire al fruitore un maggior value for money e che possano dall’altro concedere maggiore libertà lavorativa anche al consulente. Blog, newsletter, eventi digitali, ebook, sessioni formative via skype o email, fan page, videocorsi e gruppi di discussione su network professionali come Linkedin possono e devono diventare strumenti di lavoro quotidiani per coloro che desiderano trasformare la propria passione per il coaching in un lavoro remunerativo, nonché entrare nel nuovo mercato della consulenza digitale.

a cura di Stefano Calicchio

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Pubblicato il: 12 Aprile 2014