Come fuggire dall’abitudinarietà e guardare oltre
Con l’immaginazione, portatevi per un momento nel Paleolitico: passate le vostre giornate uscendo di buon’ora la mattina, con arco, frecce e bastoni per recarvi in mezzo ai boschi a cacciare e a raccogliere radici, frutti e bacche, per poi ritornare la sera al rifugio, dove la vostra famiglia attende impaziente di poter mangiare ciò che siete riusciti a procacciare.
Immaginate adesso che qualcuno venga a parlarvi di un nuovo e più vantaggioso modo di procurarvi il cibo: si chiama agricoltura. Voi, incuriositi, ascoltate e osservate la dimostrazione di come si fa: vi mostrano dei semini che devono essere deposti nel terreno, poi si procede con l’innaffiatura. Alla fine chiedete: «Ma oggi cosa porto da mangiare alla mia famiglia che sta aspettando il mio cibo?» Vi viene risposto che bisogna attendere molto tempo prima di ottenere i frutti. Non approfondite più di tanto l’argomento di cui non vedete vantaggi immediati, ma solo complicazioni: senza rifletterci, tornate senza indugi a fare quello che avete sempre fatto. È con questo atteggiamento mentale che molti cacciatori-raccoglitori affrontarono le novità.
Furono pochi quelli che ebbero la capacità di uscire dall’abitudinarietà e di guardare oltre; appropriandosi della nuova tecnologia, videro migliorare di molto le condizioni di vita per sé e per la propria famiglia. Lo scetticismo per il nuovo è la costante che si ripresenta in tutti i periodi di passaggio: dall’agricoltura all’industria, quello tuttora in atto, dall’industria all’età dell’informazione e della conoscenza. Dobbiamo uscire dal circolo dell’abitudinarietà: individuiamo le abitudini che ci sono di ostacolo e rimuoviamole per sempre dalla nostra vita.
a cura di Bonifacio Sulprizio
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