Emissioni obbligazionarie e rating d’impresa (parte seconda)

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Esaminiamo, in questa seconda parte dell’articolo, i due principali strumenti, che possono consentire con tempestività di comprendere un eventuale aumento del rischio di insolvenza e fallimento di una società, tramite l’esame delle sue emissioni obbligazionarie.

Un primo elemento è composto dal differenziale, cosiddetto spread, tra tasso d’interesse effettivo di un titolo obbligazionario, emesso da una società, e tasso d’interesse di un titolo considerato a rischio contenuto, o prossimo allo zero, per consuetudine un titolo di stato di durata residua pari a quella del titolo societario.

Per interesse, o rendimento effettivo, s’intende il rapporto tra tasso d’interesse e prezzo del titolo.
Questo, in quanto il prezzo di un titolo, che alla scadenza restituisce il capitale impegnato in misura pari al proprio valore nominale, di solito 100, può, ovviamente, nel corso della sua durata, oscillare anche notevolmente, acquisendo valori al di sopra o al di sotto del nominale, e si potrà così determinare un rendimento effettivo, diverso dal rendimento nominale, dato dal rapporto tra cedola e valore di rimborso del titolo alla scadenza.
Naturalmente, minore è il prezzo, maggiore sarà il rendimento del titolo, ma visto che nessuno.. regala niente, il maggior rendimento effettivo di un titolo emesso da una società, riflette un maggior rischio dell’emittente di non riuscire a pagare le cedole e, nei casi più gravi, il capitale.

Nel caso, quindi, che il rendimento effettivo del titolo obbligazionario della società superi di almeno un 5, 6% quello dei titoli di stato di pari durata residua, si ha un campanello d’allarme, nel senso che si tratta di una soglia di differenziale che denota come sul mercato sia considerevolmente aumentata la percezione del rischio d’insolvenza e di fallimento della società.

Un esempio chiarirà meglio i concetti dianzi esposti.
Ipotizziamo che un titolo di stato, con durata residua pari a due anni, e rimborso a 100, abbia una cedola del 5%, quindi 5/100.
Lo troviamo sul mercato a 90, quindi il rendimento effettivo di tale titolo è del 5,55% (5/90).
Confrontiamo ora con questo rendimento quello di due titoli obbligazionari, rispettivamente emessi dalla società A e dalla società B, entrambi con durata residua pari a quella del titolo di stato.
Il primo ha una cedola del 5,3%, viene rimborsato a 100, ma il suo prezzo di mercato è crollato a 44.
Il suo rendimento effettivo è quindi del 12% circa (5,3/44), mentre il differenziale con il titolo di stato è di 6,45, dato dalla differenza tra i due rendimenti effettivi (12-5,55).

Consideriamo ora, invece, la seconda obbligazione, emessa dalla società B.
Ha una cedola del 7% e quota 80.
Il rendimento effettivo è quindi pari all’ 8,75% (7/80).
In questo caso il differenziale, rispetto al rendimento effettivo del titolo di stato, è pari a 3,2, dato  dalla differenza tra i due rendimenti effettivi (8,75-5,55).

Come si nota, la seconda obbligazione, pur avendo un interesse nominale più elevato della prima (7 contro 5,3), presenta però un interesse effettivo minore (8,75 contro 12) e quindi anche un minor differenziale, rispetto al rendimento effettivo di un titolo di stato di pari durata residua (3,2 contro 6,45).
A fronte di questa semplice analisi, possiamo quindi trarre le debite conclusioni.
L’obbligazione B presenta uno spread tale, da non far destare alcun particolare campanello d’allarme, a differenza dell’obbligazione A, che presenta invece uno spread oltre i 6 punti, segno che la percezione del rischio connesso all’emittente è decisamente aumentata sul mercato.

Un secondo strumento di analisi del rischio emittente è costituito dal cosiddetto CDS, acronimo che sta per: credit default swap.
Si tratta di un contratto assicurativo, con il quale l’emittente s’impegna a restituire all’acquirente una somma, pari al valore nominale dei titoli investiti in una determinata società, in caso d’insolvenza di quest’ultima.
Il prezzo di tali contratti è anch’esso quotato sul mercato, in percentuale rispetto al valore nominale dei titoli, e sale e scende in misura correlata alla percezione di rischio default della società emittente.
Quindi avremo prezzi tanto maggiori, quanto maggiore sarà il rischio, che il mercato attribuisce all’emittente, e viceversa.
Ne consegue che un’attenta disamina di tale componente contribuisce a monitorare il rischio relativo all’ipotesi di default della società, che ha emesso il prestito obbligazionario.

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A Cura di Gian Piero Turletti,
Autore di “Progetto Azienda”

Pubblicato il: 14 Dicembre 2008