Come gestire l’emotività negli investimenti

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Luca Moro

La finanza comportamentale, ossia quella scienza che studia le decisioni d’investimento dei risparmiatori in relazione ai suoi comportamenti, ci insegna che le decisioni degli investitori non sono in genere razionali (come vorrebbe la teoria economica classica), ma sono soprattutto emotive ed è proprio l’emotività che influisce spesso nelle scelte strategiche inerenti la finanza degli individui (come ad esempio la vendita di tutte le attività rischiose di portafoglio nei cosiddetti momenti di “panic selling” di mercato).

Sono numerosi gli studi che hanno dimostrato, in modo concreto, come riuscire a dominare la propria emotività possa dare risultati migliori rispetto a studiare l’andamento dei mercati oppure a cercare di analizzare determinati fenomeni macroeconomici.
Capirsi meglio, e analizzare i propri comportamenti in relazione alla gestione dei risparmi, è indispensabile per affrontare il mondo degli investimenti con meno ansie e timori.

Del resto, l’investitore inconsciamente oscilla tra due opposti estremi: la paura (di perdere il proprio denaro o il treno del rialzo) e l’avidità (del guadagno): queste due pulsioni, entrambe negative, spingono spesso a comportamenti emotivi ed errati.

Alcuni errori tipici legati alla finanza comportamentale, e che quindi ci fanno capire da risparmiatore CHE COSA NON FARE, sono:

1) Effetto “gregge”: si tratta di un meccanismo che in certe occasioni spinge un individuo a seguire il gruppo e quindi a replicare quello che fanno gli altri; tanto più il gruppo è compatto, e l’emotività in gioco è alta, tanto più il comportamento del singolo segue in modo naturale quello di tutti gli altri senza quasi rendersene conto; in pratica si compra quando si dovrebbe vendere come, ad esempio, dimostra il boom dei mercati del 2000 con la bolla tecnologica, quando non comprare una “dot.com” voleva dire essere considerato fuori moda.

2) Overconfidence: è l’eccesso di fiducia nelle proprie capacità che aumenta notevolmente dopo qualche operazione in guadagno; la nostra natura ci porta difficilmente ad ammettere i nostri errori e questo vale ancora di più quando si parla di denaro: siamo spesso indulgenti con noi stessi e raramente con il resto del mondo (banche, consulenti finanziari o mercati).

3) Mantenere per troppo tempo titoli in perdita: si tratta di un atteggiamento insito nel nostro spirito di sopravvivenza, vogliamo allontanare la sofferenza e il dolore della “minusvalenza”, così ritardiamo eccessivamente la vendita; all’opposto, se il titolo sale siamo portati ad anticipare il piacere del guadagno e spesso vendiamo troppo presto; in sostanza, l’investitore comune sembra comportarsi in maniera opposta alla regola dello Stop Loss e del Running Profit, in quanto liquida subito le posizioni in guadagno per timore che questo svanisca e mantiene le posizioni in perdita con la speranza che questa si riassorba.

SEGRETO: stai sempre attento agli errori tipici della finanza comportamentale!

A cura di Luca Moro

Pubblicato il: 15 Settembre 2011