Come definire in finanza la propria propensione al rischio e la propria strategia di diversificazione/decorrelazione

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Luca MoroIl rischio è la probabilità che il valore di un investimento risulti differente dalle aspettative. Normalmente gli investimenti più redditizi, come quelli sul mercato azionario, sono anche i più rischiosi. Il maggiore rendimento, infatti, dovrebbe compensare il maggiore rischio sostenuto.

Attenzione: bisogna aver chiaro il fatto che non esistono investimenti completamente privi di rischio, perché questo è il prezzo da pagare se si vuole vedere crescere il valore del proprio capitale. Se è vero che non c’è rendimento senza rischio, è anche vero che ogni investitore è disposto ad accettarlo in misura diversa.

La propensione al rischio non è determinata solo da esigenze di tipo finanziario (obiettivi di breve termine contro obiettivi di lungo), ma anche da una predisposizione di tipo psicologico e caratteriale.
Non tutti, infatti, sanno mantenere i nervi saldi di fronte al “saliscendi” quotidiano dei mercati (e il 2011 ne è stato proprio un esempio lampante!) e al conseguente impatto di breve periodo sul valore del proprio capitale. La domanda da porsi quindi non è come evitare il rischio, bensì come riuscire a gestirlo individuando il giusto equilibrio che ci soddisfi in termini di rendimento atteso: in sostanza capire esattamente quale può essere la nostra reale tolleranza alla perdita.

Diversificare i propri investimenti è una vera e propria regola d’oro quando si costruisce un portafoglio. Concentrare tutto il patrimonio su un unico mercato o strumento finanziario, infatti, è rischioso nella misura in cui si rimane eccessivamente legati alle sorti di quest’ultimo. Con la bolla tecnologica del 2000 ci sono stati purtroppo tantissimi investitori (sicuramente anche perché malconsigliati) che hanno concentrato tutto il loro patrimonio sui famigerati titoli internet, con risultati disastrosi che si ricordano ancor oggi.

Diversificare non significa solamente acquistare titoli di società differenti, ma anche di diversi settori o aree geografiche; la diversificazione geografica riveste una particolare importanza: ne è un esempio proprio il 2010, che presentava i rendimenti dei maggiori indici borsistici pressappoco in questo modo:

mercato italiano: – 13%
mercato europeo: – 6%
mercato americano: + 13%
mercato paesi emergenti: + 16%

E’ intuitivo quindi capire chi nel 2010 ha ottenuto importanti risultati sui mercati azionari, a scapito magari di coloro che hanno il portafoglio imbottito quasi esclusivamente di titoli italiani.

Inoltre è buona cosa avere all’interno del proprio portafoglio strumenti decorrelati, ovvero titoli che si muovono in maniera opposta e hanno quindi una correlazione inversa tra loro: un esempio in questo senso, nella crisi del 2008 dei mutui subprime, è stato il gestore di un fondo bilanciato internazionale che ha utilizzato azioni aurifere e minerarie come componente di difesa (l’oro viene spesso considerato come bene rifugio in momenti di crisi), azioni che sono state le uniche a salire in mezzo alle discese repentine di tutti gli altri settori, dai bancari agli energetici.

Decorrelare significa quindi investire in modo che le tendenze negative di un’attività siano il più possibile compensate da quelle positive di un’altra.

A cura di Luca Moro

Pubblicato il: 14 Ottobre 2011