Come avviare con successo un progetto

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Cosa accomuna attività come l’organizzazione delle nostre vacanze estive, la costruzione di una grande opera di ingegneria, un trasloco e l’avvio di un’attività di sviluppo di nuovi prodotti o servizi aziendali?

Ognuna di queste situazioni – con maggiore o minore complessità – ha le caratteristiche di un Progetto, ovvero di un’attività con uno specifico obiettivo da raggiungere entro un determinato arco di tempo, utilizzando un certo budget di risorse economiche e impegnando un certo tipo e numero di risorse umane.

Oltre a ciò un elemento ricorrente di un Progetto è rappresentato dalle variabili impazzite, proprio come descrive la barzelletta che recita “Lo sai qual è l’unico modo per far ridere il buon Dio?”, risposta “Raccontargli i propri progetti!”.

Le incognite tra quanto programmato e quanto si verifica nella realtà sono una costante nella gestione di un Progetto e proprio questo ne rende la conduzione, o il parteciparvi, una grande occasione di apprendimento professionale. Le sfide e le insidie rispetto al lavoro di “routine” sono numerose e stressanti ma il loro superamento implica la contemporanea acquisizione di sempre più consolidate competenze ed abilità.

Un progetto, infatti, è sempre un processo di cambiamento che rompe gli schemi consolidati di relazione e impone di mettere in discussione il proprio ruolo e rinnovarlo, necessita di privilegiare il lavoro di squadra anziché quello individuale e costringe ad allargare il proprio punto di vista e metterlo a confronto, impone accelerazioni e revisioni di processi e procedure, genera evoluzioni a tutti i livelli in quanto costituisce un elemento di discontinuità organizzativa.

Il Project Management richiede quindi l’armonizzazione di due fattori apparentemente discrepanti: da un lato flessibilità e innovazione e, dall’altro, conoscenza ed adozione di precise metodologie che consentano di “governare” l’instabilità fiosologica connaturata all’attività.

Il punto di partenza verso il successo è un passaggio tanto ovvio quanto spesso sottovalutato: la corretta identificazione dell’obiettivo che vogliamo raggiungere. Se non avremo chiaramente definito qual è il traguardo che decreterà la conclusione di ciò che stiamo intraprendendo, non saremo in grado di comunicarlo e condividerlo, di misurare la performance dei nostri sforzi e rischieremo di impiegare molto più tempo di quello necessario, di spendere più denaro, di non impiegare in modo ottimale le capacità delle persone che dobbiamo coinvolgere.

Un modo efficace di verificare se l’obiettivo del Progetto è definito correttamente è controllare se rispetta le regole S.M.A.R.T., cioè se è
Specifico, indicato in modo chiaro ed univoco;
Misurabile, in modo oggettivo e non soggettivo;
Attraente, anche per le persone coinvolte, che devono trovare stimolante il traguardo da raggiungere;
Realistico, congruente con le forze che si possono impiegare;
Tempificabile, distribuibile secondo una sequenza temporale.

Per citare un esempio, quindi, non diremo “Vogliamo migliorare gli utili nei prossimi anni”, bensì “Aumentare gli utili per ogni azione da 3 Euro nel 2010 a 5 Euro nel 2012”. Nel primo caso la frase enuncia soltanto uno slogan, nel secondo descrive un obiettivo che indica in modo concreto (azioni) e misurabile (tempo e indicatori qualitativi) ciò che vogliamo realizzare e in tal modo costituirà una sorta di “faro” che potrà realisticamente guidarci in porto.

E siccome chi ben comincia è a metà dell’opera, a questo punto è possibile accedere alla seconda fase fondamentale: la programmazione, ovvero lo strumento indispensabile per fronteggiare l’inesorabile avverarsi nella vita di ogni Progetto della prima legge di Murphy, che avvisa: “se qualcosa può andare male… Lo farà!”.

Ma di questo parleremo la prossima volta…

A cura di Bruna Ferrarese
Autrice di Project Management, Comunicazione Assertiva

Pubblicato il: 18 Aprile 2011