Come funziona il linguaggio analogico (prima parte)

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Che cosa rende comunicabile un messaggio, un’idea, un progetto? La voce, le parole, direte voi. Giusto, ma non solo.

Le parole
, strutturate logicamente in una frase, veicolano una notizia, un’informazione, una comunicazione verbale, ma non sono sufficienti, se con esse volete anche convincere il vostro interlocutore della bontà del vostro messaggio.

C’è la necessità di rendere congruente al vostro linguaggio articolato, i ritmi, i toni di voce per dare mordente, espressività a ciò che dite. È indispensabile, in altre parole, che impariate a modulare la vostra voce in modo da non essere monotoni e monocordi con il rischio, in questo caso, che la vostra voce diventi anestetizzante e conduca il vostro ascoltatore nel tritacarne della noia.

Prendete ad esempio una barzelletta come questa:

Un signore assiste ad una partita di calcio. È un vero sportivo. Assiste alle azioni che si svolgono ora nell’una ora nell’altra area senza lasciarsi coinvolgere dal tifo. Il tizio che gli sta accanto è l’opposto. È paonazzo, accaldato, sembra che gli prenda un infarto ad ogni azione della squadra avversaria.

Ad un tratto strilla indignato, quando l’arbitro assegna un rigore: “Arbitro, sei ciecato! Lu pallone ha preso, lu pallone!”

Piuttosto seccato l’uomo distinto lo corregge a mezza bocca: “Il pallone, si dice il pallone”.

Qualche minuto dopo, mentre l’azione si svolge nell’area avversaria, il tifoso reclama a sua volta la massima punizione: “Arbitro, rigore! Ha preso lu piede… lu piede!”

E il signore distinto mormora seccato, correggendolo: “Il piede, si dice il piede”.

Tra il primo e il secondo tempo gli animi si sono placati e il signore distinto ne approfitta per presentarsi: “Mi chiamo Giacomo e lei?”

“Il ciano” risponde l’altro in modo sibillino.

“Come… il ciano?”

“ Per la verità mi chiamerei Luciano, ma se lo dico lei s’incazza….!”

Se possedete un minimo di senso dell’umorismo, immaginandovi la scena, vi sarà scappato almeno un mezzo sorriso nel leggere questa barzelletta.

Bene, adesso vi domando: sareste in grado di ripeterla ad un gruppo di ascoltatori? Forse davanti ad un familiare o agli amici, non avreste alcun timore. Di fronte ad un pubblico d’estranei, soprattutto se non siete esibizionisti, avreste delle difficoltà.

Perché, secondo voi? Certamente a causa di un attacco d’ansia strettamente collegato al timore di mettervi in gioco davanti ad un pubblico. Lasciamo da parte l’ansia da prestazione, non è questo l’argomento dell’articolo.

Analizziamo, invece, la vera difficoltà di comunicazione cui andreste incontro senza alcuna preparazione in merito.

Se ci pensate bene, la barzelletta rappresenta un banco di prova non indifferente per una comunicazione efficace. Raccoglie in sé i tre livelli della comunicazione: verbale, paraverbale e non verbale e se non sei in grado di raccontarla in modo coordinato e congruente, dubito che raggiungeresti il risultato auspicato, vale a dire quello di far ridere.

Ammetterete che il contenuto della barzelletta appena letta è di per se stesso divertente, ma quanti sono coloro che, pur disponendo di una battuta esilarante, riescono a rovinarne l’effetto sbagliando tempi e ritmi?

Ecco che proprio nella barzelletta l’aspetto più importante, immediatamente recepito dall’ascoltatore, è quello paralinguistico, fatto di toni, pause, accelerazioni, decelerazioni, volumi, ritmo, colore. Non meno importante, nella comunicazione, è l’aspetto analogico, fatto di mimica, gestualità, postura.

Spesso il linguaggio del corpo, anche senza il condimento delle parole, basta a rendere chiaro un messaggio. Nel prossimo articolo vedremo qualche esempio e parleremo più approfonditamente di questo aspetto.

A cura di Alberto Lori
Autore di
Parla Come Mangi, Dalla PNL alla Quantistica, Voce da Speaker e altri ebook

Pubblicato il: 28 Marzo 2010