Effetto “ritardato” dei tassi di interesse

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La politica monetaria di un paese, o di una comunità di stati, è completamente gestita dalle banche centrali. Le banche centrali hanno due poteri fondamentali, poteri che possiedono un gran peso macroeconomico, e che influenzano le interazioni e le interdipendenze tra i mercati (intermarket analysis). I due poteri di cui le banche centrali dispongono sono: variare il tasso di riferimento e stampare nuova moneta. A questo punto siamo di fronte a dei parametri che sono in grado di influenzare l’intero apparato economico e finanziario di un sistema sociale.

Lo scopo delle politiche monetarie è raggiungere l’equilibrio tra la domanda e l’offerta di moneta. La domanda di moneta è influenzata dal reddito (y) degli operatori sociali, unico parametro non controllabile dalle banche centrali, e dai tassi di interesse (i), mentre l’offerta di moneta (m) dipende dalla quantità di nuovo denaro immessa nel mercato, infatti ogni qual volta si stampa nuovo denaro la banca lo inserisce nel sistema acquistando titoli nel mercato finanziario (al contrario il ritiro di denaro dal sistema lo si effettua liquidando gli stessi titoli che la banca centrale possiede in portafoglio). L’equilibrio si raggiunge perciò “giocando” correttamente con tassi e offerta monetaria. Un aumento dei tassi necessita una riduzione dell’offerta monetaria per avere l’equilibrio del sistema, mentre una diminuzione dei tassi necessità l’aumento dell’offerta monetaria.

Su questo itinerario è semplice confondersi, ed intuire che un aumento dei tassi provochi deflazione, mentre una riduzione dei tassi provochi inflazione. In realtà non è proprio così, infatti è esattamente il contrario, e la spiegazione di ciò è che le politiche monetarie della banca centrale (causa) non si manifestano istantaneamente sul sistema, ma il loro effetto è riscontrabile solo retroattivamente ed in maniera del tutto ritardata. Infatti se ci pensate noi in questo momento ci troviamo in un periodo di deflazione profonda, ed i tassi sono ai minimi storici.

Ma l’effetto deflazione è stato provocato dalla politica delle banche dell’estate scorsa, quando i tassi erano alle stelle ed il ritiro di denaro è stato notevole. Ora per vedere gli effetti di questa nuova politica a tassi ridottissimi ci vorrà più o meno la fine del 2009. Mi trovo perciò perfettamente d’accordo con l’opinione del governatore federale della FED, Jaffrey Lacker, secondo cui il tramonto del 2009 segnerà la fine della recessione e l’inizio della ripresa. Anche se non condivido la bizzarra politica dei tassi, a mio avviso troppo ridotti, si parla di una riduzione eccessiva fino a 0-0,25%, e che affatica il mercato dei corporate bond e treasury bond (fonte di finanziamento primaria delle imprese pubbliche e private).

Comunque per approfondire l’argomento ho scritto un esaustivo articolo per trend-online.com (sito collaboratore di yahoo finanza) e vi invio il link, https://www.trend-online.com/?stran=izbira&p=prp&id=212480 . Si tratta di un’analisi macroeconomica che troverete di certo utile per farvi un buon quadro generale della situazione economica internazionale.

A Cura di Giovanni Romano,
Autore di “Il Professionista delle Opzioni”

Pubblicato il: 4 Aprile 2009